Starlink vs IRIS²: una nuova era per la connessione
In Italia è in corso una negoziazione da 1,5 miliardi di euro con Starlink, progetto di Elon Musk, che ha dato vita a un delicato dibattito geopolitico: efficienza immediata o autonomia strategica? Nel frattempo l’Europa continua a lavorare su IRIS².
C’era una volta il 56k: negli anni ’90, era il massimo della tecnologia, un’era in cui ogni byte era prezioso e ogni download un piccolo trionfo. Poi siamo passati alla banda larga e, più tardi, alla fibra ottica, la massima ambizione di chi non riesce a rinunciare alla velocità. E ora? Ora c’è Starlink. Ma non solo.
Starlink è un progetto lanciato da Elon Musk. Parliamo di migliaia di satelliti a bassa orbita (tra i 300 e i 1500km di altezza) che garantiscono una connessione a Internet ad alta velocità anche nelle aree più remote. Attualmente, Starlink conta circa 7000 satelliti già attivi, una rete in cui Elon Musk vuole coinvolgere cittadini, aziende e governi di tutto il mondo.
Quando parliamo di Starlink stiamo volgendo lo sguardo verso gli USA e viene da domandarci: ma noi, in Europa, siamo capaci di rispondere a questa tecnologia? A quanto pare, sì (forse).
IRIS²: l'ambizioso progetto Europeo
Già nel 2022 l’Europa ha annunciato il progetto IRIS² (Infrastructure for Resilience, Interconnectivity and Security by Satellite), che prevede il lancio in orbita di 290 satelliti entro il 2030, con lo scopo di garantire una connessione non solo veloce, ma anche sicura. Il focus europeo, infatti, è l’autonomia tecnologica e la collaborazione e integrazione tra gli Stati membri. A differenza di Starlink, però, IRIS² usa tradizionali satelliti geostazionari: il sistema prevede un minor numero di satelliti per una copertura più ampia ma, essendo posizionati a un’altezza di oltre 35.000km, soffre di rilevanti problemi di latenza.
Proviamo a strutturare un quadro più preciso: da una parte c’è Starlink, una rete privata di SpaceX già operativa e con copertura globale e veloce. Dall’altra abbiamo IRIS², un progetto pubblico-privato nato dalla collaborazione e dai finanziamenti di tutti gli Stati europei che, però, è ancora in fase di sviluppo e, seppur prometta autonomia e affidabilità, non garantisce la stessa efficienza in tutti gli ambiti.
Possiamo aspettare fino al 2030, rinunciando a Starlink, per affidarci a una tecnologia homemade che non comporta rischi geopolitici?
La scelta dell'Italia
Evidentemente no. L’11 gennaio il Governo italiano ha iniziato una delicata negoziazione da 1,5 miliardi di euro con Starlink, con l’idea di garantire comunicazioni sicure in ambito governativo, militare e diplomatico. Tuttavia, l’intesa solleva pesanti interrogativi sulla sovranità tecnologica e sulla sicurezza dei dati sensibili del Paese.
Secondo Andrea Stroppa, consigliere di Musk, l’Italia manterrà il controllo sui propri dati, ma gli esperti avvertono che affidarsi a un’infrastruttura straniera potrebbe trasformare il nostro Paese in un cliente dipendente da un attore privato estero. Difatti, il forte legame di Starlink con gli Stati Uniti non è solo legale, ma anche politico, e questo non può essere ignorato.
È chiaro che la posta in gioco non è solo tecnologica, ma geopolitica. Con Starlink che diventa il backbone delle comunicazioni strategiche italiane, quale garanzia abbiamo che i nostri dati sensibili non siano soggetti a pressioni esterne? La promessa di neutralità di un colosso privato come Starlink reggerà di fronte alle necessità geopolitiche degli Stati Uniti? Siamo pronti a mettere in discussione la nostra sovranità tecnologica?
Cosa rischiamo scegliendo Starlink?
Viviamo nell’era in cui i dati sono fondamentali e, spesso, valgono più del denaro. Avrete tutti già sentito la frase “quando il prodotto è gratis, il prodotto sei tu”; bene, è forse proprio questa la chiave di lettura di questa delicata dinamica.
La protezione dei dati è il movente principe del progetto IRIS²: sicurezza, protezione, indipendenza. Affidarsi a Starlink significa rendere l’Italia ancora più dipendente e vulnerabile a decisioni aziendali o politiche estere – cosa che, in altri ambiti, stiamo già sperimentando. Gli Stati Uniti hanno già oggi un’enorme influenza sulla cultura e sulla società del nostro Paese, nonché su alcune delle nostre infrastrutture: ci domandiamo fino a che punto un accordo con Starlink spingerà l’Italia a scelte sempre meno neutrali, quanto la nostra autonomia decisionale verrà messa a rischio.
D’altro canto, sebbene IRIS² rappresenta un enorme passo verso un’Europa più autonoma, è ancora in fase di sviluppo. Quanto è forte, attualmente, la necessità di appoggiarci a Starlink? L’autonomia strategica è un fattore ad oggi profondamente cruciale, sarebbe quindi preferibile investire in IRIS2?
Il dibattito è cruciale e i benefici immediati vanno ponderati rispetto alle conseguenze a lungo termine.
VISIONARI no-profit invita il governo italiano, la società civile e gli esperti di tecnologia a un confronto aperto su questo accordo. La scelta di affidarsi a Starlink rappresenta un precedente pericoloso, con implicazioni che vanno oltre la semplice efficienza tecnologica.