L’imponente sviluppo dell’ecosistema dell’IA, il salto di qualità dei sistemi hardware e delle tecnologie sensoriali stanno creando le condizioni per un futuro in cui si discuterà di etica dei robot umanoidi.
Hai mai letto “Io, Robot”, opera fantascientifica di Isaac Asimov? Se la risposta è no, forse sarà la realtà a raccontarti la trama entro il 2040.
Immagina un futuro in cui i robot umanoidi lavorano fianco a fianco con gli umani nelle fabbriche, abbattendo i costi di produzione e rendendo accessibili beni di qualità a un numero sempre maggiore di persone. Immagina uno scenario in cui sono i robot a occuparsi di tutti quei lavori pericolosi e indesiderati, riducendo il numero di incidenti e morti sul lavoro in modo esponenziale.
È uno scenario che sembra uscito da un film di fantascienza, giusto? In realtà, è ciò a cui credono giganti tecnologici come Figure, Sanctuary AI e Agility Robotics, che hanno raccolto oltre 700 milioni di dollari per sviluppare robot in grado di lavorare in contesti umani.
Un cambio di paradigma produttivo
Questi robot non sono solo macchine: sono progettati per essere flessibili, adattarsi a compiti complessi e integrarsi nei cicli produttivi tradizionali. Il loro impatto? Drastica riduzione dei costi, maggiore efficienza e, per le aziende, profitti stellari. L’idea, infatti, non è quella di destinare questa tecnologia all’ambito militare, bensì renderla per ora esclusiva dell’orizzonte civile, in cui il panorama di applicazione sembra ampio e vantaggioso.
Pensiamo alla catena di montaggio: con i robot umanoidi, i costi di manodopera potrebbero crollare, rendendo possibile produrre beni di largo consumo a prezzi mai visti prima. Da questo punto di vista sembrano esserci solo vantaggi: pensa di poter acquistare un computer, un vestito nuovo o persino un’automobile a costi estremamente più bassi rispetto ad oggi.
Ma qual è l’altra faccia della medaglia?
Zone d'ombra?
L’aumento della produttività e dei profitti aziendali è un traguardo a cui aspirano tutte le realtà lavorative, ma non sempre le cose sono semplici come sembrano. La storia ci dimostra che quasi sempre sono i ricchi a diventare sempre più ricchi, mentre i poveri sbracciano per tentare di compiere il grande passo. In questa prospettiva, se i risparmi ottenuti non vengono redistribuiti in modo equo, rischiamo di creare un sistema economico polarizzato. Da un lato, grandi aziende sempre più ricche; dall’altro, una classe lavoratrice sostituita dalle macchine, con poche opportunità di occupazione, soprattutto per chi non ha conseguito titoli di studio che gli consentano l’ingresso a posizioni lavorative specifiche o esclusive.
E anche qui, in realtà, abbiamo già osservato un fenomeno di potente inflazione dei titoli di studio: più laureati ci sono, più saranno richiesti gradi di formazione di livello maggiore per accedere a posizioni lavorative di ugual livello. In uno scenario in cui la pura manodopera verrà affidata per la stragrande maggioranza ai robot, quanto risulteranno inflazionati i titoli di studio che già oggi sembrano aver subito un duro colpo nel corso degli anni?
L’impatto sociale potrebbe essere devastante: maggiore disoccupazione, divari economici più profondi e una crescente tensione sociale. Abbiamo imparato che ogni rivoluzione industriale porta cambiamenti radicali, ma questa volta la velocità del progresso tecnologico rischia di lasciare una buona fetta della popolazione indietro, allargando ancora di più il gap tra ricchi e poveri.
Ma perché proprio ora?
Brett Adcock, CEO di Figure, individua alcuni concetti e passaggi chiave dietro l’esplosione di investimenti per finanziare la costruzione di robot umanoidi.
Primo fra tutti, Adock evidenzia quello che è l’imponente sviluppo dell’ecosistema dell’IA: non solo i modelli, ma soprattutto l’infrastruttura complessiva per l’addestramento, l’inferenza e il deployment, con algoritmi di deep learning che supportano l’apprendimento su larga scala. Inoltre, la potenza di calcolo e le capacità di elaborazione odierne rendono possibili implementazioni molto complesse di AI in tempo reale, qualcosa che fino a qualche anno fa non sembrava neanche possibile.
Insieme a ciò, non va dimenticato il salto di qualità che i sistemi hardware hanno fatto negli ultimi dieci anni: allora, la densità di coppia degli attuatori e la tecnologia delle batterie non avrebbero permesso lo sviluppo attuale. A ciò si affianca la tecnologia delle batterie, ciò i miglioramenti nella densità energetica e nell’efficienza che oggi renderebbero fattibili robot portatili e di lunga durata.
In ultimo, Adcock ricorda quelli che ad oggi sono i progressi nella visione artificiale e in altre tecnologie sensoriali, che hanno migliorato sensibilmente l’interazione che i robot possono avere con l’ambiente.
Sembra dunque che gli elementi ci siano tutti. Stiamo davvero viaggiando verso un futuro in cui si dovrà iniziare a discutere di diritti ed etica dei robot umanoidi?
La visione dei big del settore
Secondo Adcock sì, ma non è l’unico a pensarla in questo modo. Figure, Sanctuary AI e Agility Robotics sono solo alcune delle realtà che stanno investendo in robot umanoidi e che abbiamo deciso di citare.
Chi di noi non ha sentito parlare del progetto Optimus di Tesla, un robot umanoide che, secondo quanto dichiarato da Elon Musk, potrebbe essere disponibile per l’acquisto già nel 2026, con un prezzo stimato tra i 20.000 e i 30.000 dollari?
Al contempo, dalla Cina, vediamo aziende come Agibot e Unitree investire e avanzare nel campo della robotica umanoide. In particolare citiamo G1, di Unitree, un robot alto 127 cm e del peso di 47kg, dotato di 23 gradi di libertà che aumentano addirittura a 43 nella versione “EDU”, offerto a un prezzo di circa 16.000 dollari.
È chiaro che la vision dei big della robotica è precisa: il futuro ci prospetta una convivenza con i robot umanoidi.
Un nuovo dilemma etico
Dovremmo essere contente/i di questo futuro che ci si prospetta davanti? Una cosa è certa: il progresso non si può fermare come, d’altronde, non è mai stato fermato. Ogni rivoluzione porta con sé vantaggi e svantaggi, quesiti etici e nuove problematiche sociali.
In un mondo distopico, i governi fornirebbero un sostegno economico minimo a tutti, magari finanziato da una tassa per le aziende che utilizzano robot e volta a supportare non solo il sostentamento base di ogni persona, ma anche il suo reinserimento nel mondo del lavoro. In uno scenario del genere, la promozione di programmi di educazione e formazione si configurano come ancora più necessari di quanto non lo siano già.
Ma è così che andranno effettivamente le cose? La speranza è forte, anche se redarguita da uno sguardo più concreto alla realtà. Ciò che è importante è tenere presente che ogni cambiamento, ogni innovazione necessita di una mediazione adeguata che prepari le persone alla novità. Non solo: fortissima è la necessità che i governi si preparino adeguatamente a gestire il contraccolpo sociale, investendo in modo ponderato sul benessere dei cittadini anche al fine di ridurre il gap sociale ed economico che si andrà ancora di più ad allargare in assenza di contromisure adeguate.
I robot umanoidi offrono un’opportunità unica per migliorare la qualità della vita e ridurre il costo della produzione globale. Tuttavia, il rischio che solo alcuni traggano benefici dal progresso è enorme.
Noi di VISIONARI i auguriamo che l’obiettivo sia di costruire una società più prospera e giusta, perché il futuro non è definito dall’innovazione di per sé, ma dal modo in cui si sceglie di utilizzarla.