Oltre 3.600 scienziati stanno lavorando a un’impresa scientifica senza precedenti: creare un atlante completo di tutte le cellule umane o, come molti lo definiscono, il “Google Maps” della biologia.

Facciamo un salto indietro nel tempo: siamo nel 2016, viene lanciato lo Human Cell Atlas (HCA) e un consorzio internazionale di 94 paesi – per un totale di oltre 3.600 scienziati – inizia a lavorare per catalogare 37 trilioni di cellule che compongono il corpo umano. Il progetto prevede di descriverne i tipi, le funzioni, le interazioni e la posizione precisa, un’iniziativa che supera in complessità persino il Progetto Genoma Umano, grazie a tecnologie rivoluzionarie come il sequenziamento dell’RNA a singola cellula e l’integrazione di algoritmi di intelligenza artificiale.
Le nuove frontiere della scienza
Concentrati come siamo a preoccuparci delle AI che ci ruberanno il lavoro, forse siamo poco consapevoli dei progressi straordinari che la scienza sta avendo in campo biomedico. Prendiamo, ad esempio, la trascrittomica spaziale, tecnica che permette di mappare l’espressione genetica, mantenendo la posizione originale delle cellule nei tessuti, ha reso possibile studiare l’organizzazione spaziale di alcuni organi, mostrando come interagiscono le cellule. O ancora, il sequenziamento dell’RNA a singola cellula (scRNA-seq), per analizzare la singola espressione cellulare, rivelando differenze invisibili a livello di tessuto, ha svelato l’esistenza di migliaia di sottotipi cellulari e identificato cellule rare (n.d.r. tra cui le precursori del cancro).
Queste sono solo due delle tecniche che hanno permesso di identificare oltre 18.000 tipi cellulari, molti dei quali sconosciuti fino a un decennio fa. Solo nell’ambito del sistema immunitario, ad esempio, sono emerse sottopopolazioni di cellule con ruoli ben specifici nella risposta ai patogeni o, ancora, nella rigenerazione dei tessuti danneggiati. E qui il alcuni strumenti di machine learning – sviluppati da centri come il Broad Institute di MIT-Harvard – hanno analizzato petabyte di dati e identificato pattern complessi, riducendo l’analisi dati da anni a giorni, col fine di prevedere come le cellule reagiscono a farmaci, mutazioni o ambienti tossici.
Un traguardo fondamentale è stato già raggiunto nell’aprile del 2024. Uno studio pubblicato su Nature ha rivelato come l’HCA abbia già contribuito a indentificare nuovi biomarcatori per tumori rari, riducendo del 30% il tempo di diagnosi. Solo pochi mesi dopo, a giugno 2024, il progetto ha annunciato l’apertura di una collaborazione con la Chan Zuckerberg Iniziative, al fine di potenziare ancora di più l’analisi dati con il supporto delle AI e accelerare la mappatura di organi complessi, in particolare del cervello. Ma non solo: con la Multi-Omics Integration, tecnica che permette di combinare dati genomici, proteomici ed epigenomici al fine di una visione olistica, si sono potute identificare firme multimodali per malattie complesse, come ad esempio quale sia il ruolo combinato di geni e proteine nel morbo di Parkinson.
E il futuro?
Le implicazioni mediche sono immense. Qualche esempio lo abbiamo già citato, ma con una mappa cellulare così dettagliata e tempistiche di analisi dati ridotte all’osso, i ricercatori possono riuscire a fare molto di più. Si sta già lavorando sull’individuare con precisione le cellule responsabili di malattie come l’Alzheimer o il diabete tipo 1, aprendo la strada alla possibilità di ricorrere a terapie personalizzate e basate sul profilo cellulare esclusivo di ogni paziente. Ma noi che siamo VISIONARI guardiamo ancora più in là: la bioingegneria potrebbe beneficiare della ricostruzione in laboratorio di organi funzionali partendo da cellule staminali, una vittoria senza precedenti che ridurrebbe drasticamente la dipendenza dai trapianti.
Nonostante questo, l’HCA ha sollevato interrogativi etici profondi, che vanno a coinvolgere in particolar modo il tema della privacy: chi avrà accesso ai dati cellulari e genetici raccolti su scala globale? Come evitare che siano utilizzati per discriminare in ambito lavorativo o assicurativo? Il dibatto si apre anche nei Paesi più a basso reddito che temono, in particolare, di rimanere esclusi dai benefici promessi dall’Atlante. Il divario tra nazioni ricche e povere andrà ad ampliarsi? Chi avrà accesso alle cure più avanzate?
Infine, non mancano di certo preoccupazioni legate alla sicurezza: esiste la possibilità che la mappatura delle vulnerabilità cellulare venga sfruttata per sviluppare armi biologiche mirate?
Tra speranze e regole ancora da scrivere
La promessa è quella di rivoluzionare la medicina entro il 2030. Sarà così? Non lo sappiamo, ma noi di VISIONARI ci auguriamo che le scelte politiche e sociali dei prossimi anni portino a concretizzare gli obiettivi dell’HCA, invece di perdersi nel calderone delle tante promesse costose e non mantenute.
Ma cos’è che, nel concreto, ci prospetta l’Atlante? Tra le varie cose, la medicina rigenerativa potrebbe portare organi sintetici creati su misura, riducendo al minimo le liste d’attesa per i trapianti. Invece, la comprensione dei meccanismi di invecchiamento cellulare potrebbe allungare la durata della vita in salute. Infine, i modelli digitali degli organi umani permetterebbero di testare farmaci, riducendo la sperimentazione animale.
Tuttavia, questi risultati richiedono un adeguamento normativo globale. Il GDPR europeo e le linee guida dell’OMS sulla condivisione dei dati genomici sono i primi passi, ma ancora insufficienti a gestire la mole delle informazioni cellulari. La proposta, attualmente, è quella di stipulare trattati internazionali per vietare l’uso bellico delle scoperte biologico, nonché di garantire equità nell’accesso alle terapie.
Come ha affermato Aviv Regev, co-fondatrice del progetto, “stiamo scrivendo l’alfabeto della biologia umana, ma servirà saggezza per usarlo bene”.